Caso Suad, non ci sarà nessuna estradizione. Le toghe hanno deciso per la vita e la libertà

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La donna fu arrestata dall'Interpol e mai tornerà nel suo paese, l'arabia saudita

Caso Suad, non ci sarà nessuna estradizione
Le toghe hanno deciso per la vita e la libertà

In riferimento al rapporto di Amnesty International, i togati emiliani hanno scelto la via apparentemente più scontata
Una sentenza motivata sui valori di vita e libertà, contro ogni violazione dei diritti umani fondamentali delle donne

Redazione Online

A sinistra il ministro Cancellieri, a destra il ministro Bonino
A sinistra il ministro Cancellieri, a destra il ministro Bonino

BARI | Sulla vicenda di Suad, la Corte d’Appello di Bologna, nei giorni scorsi, si è espressa e ha deciso di «rigettare la richiesta di estradizione avanzata dal Regno dell’Arabia Saudita nei suoi confronti».

Suad, sposata con Renato, un agronomo del Nord Barese, nella sua vita ha deciso per la strada più lunga e difficile. Ma ai sentimenti, si sa, non si comanda. Lei scelse un italiano per il suo matrimonio, nonostante fosse consapevole che quest’atto d’amore avrebbe indispettito il padre, un potente avvocato vicino al Re Abdullah, che mai avrebbe concesso il matrimonio con un uomo non saudita, che seppur convertito all’Islam sunnita, moderato, non viene da una stirpe “nobile”, com’avrebbe voluto il padre di Suad per il destino della figlia.

Un calvario lunghissimo, difficile, una strada apparentemente impercorribile, sembrava. Poi però, l’intervento provvidenziale dei giornali, di Reteluna.it, della politica, aveva stimolato la pubblica opinione, fin su al Parlamento, al Governo, ai Ministri, alla Corte. Che si è espressa favorevolmente nei suoi confronti. Insomma, coi diritti umani non si scherza. Le ragioni di Suad sono state sapientemente e magistralmente spiegate dapprima dall’avvocato Enzo Princigalli del Foro di Trani (il primo dei due legali, che prese in mano il caso). Poi, dopo l’arresto avvenuto in Emilia-Romagna, durante un viaggio col marito, per mano dell’Interpol, costretta a intervenire perché segnalata come “wanted”, ricercata, la difesa si è avvalsa della competenza e dell’esperienza di un altro maestro del Foro, l’avvocato Simone Trombetti di Bologna.

Suad, 36 anni, saudita vivrà in Italia col marito Renato
Suad, 36 anni, saudita vivrà in Italia col marito Renato

I togati emiliani, con prudenza, pazienza, hanno analizzato meticolosamente tutte le carte, e poi, alla fine, hanno deciso per la strada apparentemente più scontata e ragionevole. Che Suad deve rimanere in Italia, libera, e accanto al marito che ama e dal quale aspetta un figlio: «La richiesta di estradizione era fondata sul disprezzo dei fondamentali diritti delle donne».

Una scelta prudente e saggia, ragionata, pensata, e soprattutto spiegata, ai signori dell’Arabia Saudita, Paese amico, anch’esso vittima, il più delle volte, di una mentalità chiusa, e convenevole per gli uomini del tessuto saudita. Uomini legati a una tradizione che tarda, che non vuole, che si costringe a rimenere entro i canoni della tradizione. Quella che non vuole vedere alla donna riconoscere i diritti fondamentali, che non le consente di vivere libera, subordinata a continui nulla-osta da parte dei mariti/padri/fratelli/zii padroni. Che non può viaggiare, e non può prendere l’auto, nessuna patente, nessuna concessione.

Suad, 36 anni, saudita e con passaporto anche britannico viste le sue origini, è gioiosa per la sentenza. Vede finalmente concretizzare la sua volontà di donna. Sa che non sposerà nessun altro uomo a cui fu promessa, tantomeno sarà oggetto di baratto a fini diplomatici.

Quando dall’Italia la storia di Suad è giunta sul tavolo del Governo, si è dovuti procedere con cautela per evitare incidenti diplomatici. L’on. Colomba Mongiello del Pd aveva sottoscritto assieme ad un altro gruppo di deputati (Teresa Bellanova, Salvatore Capone, Dario Ginefra, Raffaella Mariani) un’interrogazione/appello al ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri. La risposta del ministro fu data per iscritto, quando la prima firmataria, la Mongiello per l’appunto, aveva sollecitato anche il presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini. Il ministro Cancellieri nella sua risposta aveva ricostruito e accreditato la vicenda della donna, che «fu arrestata a Bologna il 26 aprile 2013 in forza di un mandato di arresto internazionale per il reato di falso documentale emesso nei suoi confronti dal Tribunale del Regno dell’Arabia Saudita. Il 30 aprile l’arresto è stato convalidato dalla Corte d’Appello di Bologna che, contestualmente, dispose la scarcerazione di Suad, applicando nei suoi confronti la misura cautelare dell’obbligo di dimora. Non erano infatti pervenuti al Ministero della Giustizia ed al Ministero degli Affari esteri entro il termine di efficacia della misura cautelare né la domanda di estradizione né i documenti a suo sostegno».

Riyadh, capitale dell'Arabia Saudita, e sede del Governo
Riyadh, capitale dell'Arabia Saudita, e sede del Governo

Poi accadde che, nel settembre scorso, la richiesta ufficiale arrivò. Il ministero della Giustizia la passò nelle mani della Corte d’Appello bolognese che aveva gli atti. La Corte, a quel punto, ha dichiarato l’«insussistenza delle condizioni per procedere all’estradizione» di Suad. Che quindi è rimasta in Italia. Ancora la Corte nel suo documento, sottolineò come emergano «plurime e fondate ragioni per ritenere che Suad» qualora fosse «consegnata alle autorità del paese di origine, verrà sottoposta ad atti indiscriminatori di genere, quando non a trattamenti inumani e degradanti». Termini forti conosciuti da chi si occupa di diritti umani. La Corte infatti ha fatto riferimento al rapporto annuale di Amnesty International secondo cui l’Arabia Saudita calpesta ripetutamente i fondamentali diritti delle donne. Per Suad è stato un calvario infinito. L’arresto poteva (doveva) essere evitato. La sua storia faccia riflettere, perché di donne come Suad l’Arabia Saudita è colma. Ma non tutte, però, hanno il coraggio di fuggire.

Mercoledì 15 gennaio 2014

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