Bari | le promesse da parte dei due ministri, bonino (esteri) e cancellieri (giustizia)

Un plico «sospetto» arriva alla Procura

L'interrogatorio dell'amica che la fece scappare

Scadono i termini per chiedere l'estradizione. I giudici della Corte d'Appello di Bologna hanno deciso di revocare la misura cautelare Ma Suad non è ancora del tutto «libera», dall'Italia si attende garanzie

Suad dopo la sua liberazione
Suad dopo la sua liberazione

BARI | Il lungo calvario di Suad volge al termine. O quasi. La Corte d’Appello di Bologna ha revocato la misura cautelare che costringe Suad, la 33enne saudita perseguitata dal padre e sposata con un dottore agronomo pugliese, Renato, a rimanere nella città del marito, in un comune del Nord barese, per 40 giorni. Una triste vicenda che ha costretto i due coniugi sposati dapprima al Cairo, in Egitto, e poi in Italia, a trascorrere il loro secondo anniversario di matrimonio confinati nella loro casa, il 29 maggio scorso. Tuttavia il pericolo di estradizione non è ancora scongiurato. Nonostante l’intervento di due ministeri, quello della Giustizia (attraverso il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri) e della Farnesina (col ministro Emma Bonino), una posizione è ancora aperta fra il ministero dell’Interno e l’Interpol. La donna risulta «segnalata» e potrebbe avere problemi con le altre polizie viaggiando in Europa, o comunque all’estero. L’Interpol deve quindi archiviare tutto e consentirle di vivere da cittadina libera.

LE DONNE SAUDITE CHE NON HANNO DIRITTI | Non si è mai rassegnata, Suad. A differenza di tante donne saudite, ha scelto di combattere per reclamare i propri diritti. Ha rivendicato la sua libertà e onorabilità di donna. Ha scelto la via della ragione, Suad, della diplomazia, della riflessione. E ha cercato in più occasioni di convincere il padre, un potente avvocato di Riyadh, invano, ad accettare le sue scelte e a consentirle di vivere come una donna libera. Padre che ha poi risposto con le minacce, mediando per il suo ritorno tramite le sorelle: «Hanno preparato i documenti per riportarti indietro tramite l'Interpol, che le procedure inizieranno e che questa è l'ultima possibilità che tu hai per ritornare da sola ─ si legge in una missiva che Reteluna.it vi mostra in esclusiva ─. Accetta di negoziare, perché essere riportata in Arabia Saudita dall'Interpol significa che prima di tutto sarai messa in prigione (...) e quando finirà il periodo di carcerazione ti sarà vietato viaggiare finché vivrai».

Le minacce del padre di Suad in una delle tante missive (Esclusivo Reteluna.it)
Le minacce del padre di Suad in una delle tante missive (Esclusivo Reteluna.it)

A Riyadh è consuetudine che le donne saudite neghino l’evidenza: se contesti loro che in Arabia non esistono i camerini di prova per donne nei centri commerciali e nei negozi d’abbigliamento loro ti rispondono che non è un problema, che possono provare i vestiti in bagno; se sottilinei che non possono andare allo stadio a vedere una partita dell’Al-Hilal, squadra di calcio ai vertici del campionato saudita (alle donne è vietato l’ingresso), loro ti rispondono che preferiscono vedere una partita del Barcellona, del Milan o della Juve. Se dici che non possono guidare l'auto, loro ti rispondono che hanno l’autista, dunque non è un problema. Punti di vista. Nel 2009, per la prima volta, Manal Al-Sharif, ragazza saudita, tentò di sfidare le patetiche restrizioni del governo di Riyadh, si mise alla guida della sua auto, si riprese col telefonino, e condivise su Internet quel momento memorabile. Per questo fu arrestata. Pare sia stata rilasciata, ma delle sue battaglie non si sa più nulla.

UN PLICO IN VIA «ARENULA», MA NON È L’ESTRADIZIONE | Il termine ultimo entro il quale dall’Arabia le autorità saudite avrebbero dovuto mandare la richiesta di estradizione all’Italia è scaduto. Tuttavia Suad non è fuori pericolo: si potrebbe istruire una nuova procedura, ma si dovrebbe ricominciare da capo. Nel frattempo, però, dall’Interpol, sul tavolo della Procura sono stati depositati i verbali di interrogazione dell’amica di Suad, colei che le fornì il passaporto per l’expat. Quale sarà il motivo? Se la strategia è quella di dimostrare, ancora una volta, il «falso documentale», dinanzi ai giudici italiani il documento potrebbe ritorcersi contro: attestare il «falso documentale» darebbe ragione a Suad, quando dice di essere fuggita da una situazione di estremo pericolo.

Khalid bin Sa'ad bin Abdul Aziz Al-Saud, principe reale, avrebbe ucciso una donna di Jeddah che gli rifiutò il numero di telefono
Khalid bin Sa'ad bin Abdul Aziz Al-Saud, principe reale, avrebbe ucciso una donna di Jeddah che gli rifiutò il numero di telefono

DIFFICOLTÀ BILATERALI | Lottare. Per una saudita è la strada più difficile. Tanto a Riyadh quanto a Bari. Il paese saudita conquista un triste trofeo. Se le donne vengono perseguitate e mai tutelate, prima o poi finiscono come la principessa Sara bin Talal bin Abdulaziz Al-Saud, della famiglia reale, che dopo aver litigato col padre (è sorella del magnate Al Waleed bin Talal di News Corporation, fra i più ricchi del pianeta) è fuggita in Inghilterra e lì ha chiesto asilo politico per lei e le figlie. O come una giovane di Jeddah, nell’Ovest del Paese, che ha avuto la sfortuna di incrociare sulla sua strada Khalid bin Saad bin Abdul Aziz Al-Saud, un principe anch’esso appartenente alla famiglia reale, il quale ha incassato il rifiuto della donna a prendere il suo biglietto da visita (in Arabia gli uomini tentano di approcciare con le donne dando il numero di telefono): per questo l’ha seviziata, violentata e uccisa, e poi abbandonata sul marciapiede, come nel peggiore dei film di mafia. Sfidare gli abusi sauditi e la reticenza italiana non basta quando si tratta di scontrarsi contro un intero sistema, monarchico o repubblicano. Soprassedere all’escalation di suicidi può risultare conveniente al concedere nuovi diritti.

Uccisa e poi abbandonata, una donna è riversa sul marciapiede
Uccisa e poi abbandonata, una donna è riversa sul marciapiede

NESSUNA VIA DIPLOMATICA | Se questo è tutto, l’ipotesi diplomatica sembra scongiurata. Dalla difesa ci si aspettava una richiesta ufficiale. Da consolato a consolato. Dal Minister of Foreign Affairs alla Farnesina. In realtà (per ora) c’è solo il fascicolo con l’interrogatorio della complice amica in triplice copia: al Guardasigilli, alla Corte bolognese e al procuratore generale.
Se questa è la strategia vorrà dire che anche l’Arabia Saudita avrà minimizzato. Compromettere il rapporto fra due Paesi amici, per il capriccio di un padre, meramente personale, certamente non giova a nessuno.

Sabato 15 giugno 2013